“La persona spirituale è tale perché lavora sulla propria interiorità, su ciò che nel linguaggio tradizionale chiamiamo “anima”. Vi lavora anche a partire dal corpo, come appare nelle regole alimentari, nel digiuno e nell’astinenza, nel silenzio che disciplina la mente, nelle pratiche di preghiera e di meditazione, nei passi leggeri, nel lieve sorriso che sempre compare sul volto dei grandi spirituali, il così detto” mezzo sorriso”.
La persona spirituale è consapevole che per il suo essere corporeo dipende dalla natura e che per il suo essere sociale dipende dall’ambiente. Tuttavia sa che esiste una dimensione del suo essere non riducibile né alla materia né all’ambiente, e quindi non necessariamente determinata da ciò che è altro da sé.
La persona spirituale ritiene cioè di essere libera, e che in quanto tale può agire, non solo re-agire, può cioè creare qualcosa che prima non c’era senza ripetere sempre la medesima struttura, può sfuggire alla rete di menzogne e di vanità in quel mondo si dibatte Non ripetere più gli stereotipi che tutti ripetono. “
Spiritualità, in “Obbedienza e libertà” di Vito Mancuso 2012.
La spiritualità viene spesso descritta come un processo in due fasi:
la prima relativa alla crescita interiore,
e la seconda relativa alla manifestazione di questo risultato nell’esperienza quotidiana del mondo.
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